Come ampiamente noto, il neo Presidente Usa Donald Trump, in occasione del cosiddetto “giorno della liberazione” del 2 aprile 2025, aveva imposto una bordata di nuovi dazi, tra cui un’imposta del 10% a quasi tutte le importazioni statunitensi a partire dal 5 aprile e introdotto “tariffe reciproche” – fissate, per l’Unione europea, in misura del 20% – applicabili in modo orizzontale a tutti i prodotti importati negli Stati Uniti, senza alcuna esenzione, da circa 60 partner commerciali. Non intendo ovviamente riproporre la cronistoria delle contromisure adottate dai vari partner commerciali degli Usa alle quali ha peraltro fatto seguito un dietrofront parziale e temporaneo, quanto meno per quanto concerne l’Ue, dell’Amministrazione statunitense in attesa di negoziati commerciali bilaterali che dovrebbero, auspicabilmente, consentire di individuare una mediazione in grado di riportare un’auspicata stabilità sui mercati.
Non penso siano sfuggiti a nessuno, anche perché da più parti evidenziati, i rischi inerenti al rafforzamento e all’estendersi di politiche protezionistiche non solo da parte degli Stati Uniti ma, per reazione, anche dai suoi principali competitors internazionali ed in particolare l’Ue: crescita dell’inflazione interna, rafforzamento di filiere commerciali alternative a vantaggio soprattutto dei giganti asiatici, indebolimento delle alleanze…. Ed in questo contesto, il nostro Paese si trova particolarmente esposto.
L’ISTAT HA RICORDATO GLI EFFETTI DEI DAZI PER UN PAESE EXPORT ORIENTED COME L’ITALIA
La stessa Istat ha più volte evidenziato gli effetti rilevanti derivanti dai dazi per un paese export oriented come l’Italia. Nel 2024, a titolo esemplificativo, oltre il 48% del valore dell’export italiano è stato indirizzato al di fuori dell’Ue e tra i principali partner commerciali, gli Stati Uniti hanno assorbito circa il 10% delle vendite all’estero dell’Italia. Sottovalutare questo dato sarebbe fortemente imprudente e irresponsabile: al di là della rilevanza percentuale che rappresenta l’export per la manifattura nazionale, l’ondata di incertezza generata dai continui annunci sui dazi e i dazi stessi rischiano non solo di ostacolare gli scambi ma, con l’instabilità dei mercati finanziari, di frenare le spese di investimento delle imprese e di innescare un pericoloso meccanismo di generale deterioramento del clima di fiducia sia delle imprese, sia dei consumatori con effetti che rischiano di essere travolgenti. In altre parole, la classica palla di neve che, partita dalla sommità della montagna, si trasforma rapidamente in una valanga incontrollabile. In questo contesto, ci si aspetta, da parte dei leader mondiali, che ormai troppo spesso si nutrono di autoreferenzialità, che ogni decisione sia presa con grande equilibrio e grandissima ponderazione evitando accuratamente ogni forma di esibizione muscolare accompagnata dal rullo dei tamburi la quale, come la storia insegna, non sempre contribuisce a raggiungere gli obiettivi che essa si era prefissa.